FOCUS PIU’ GRANDE – IDENTIFICARCI CON UN PROBLEMA O DISIDENTIFICARCI
Quando guardiamo troppo da vicino un problema, o quando ci siamo immersi dentro, o quando identifichiamo la nostra vita con esso, lo assolutizziamo, perdiamo la grande opportunità di relativizzarlo, di circoscriverlo e di contestualizzarlo. Tutte cose che ci aiutano a non farci sopraffare dai problemi che stiamo incontrando nella nostra vita.
Il lavoro importante che possiamo fare è quello di permettere al nostro campo visivo/mentale di allargarsi, dobbiamo permettere ad un problema di far parte di uno schema/paesaggio più grande. Se il focus dal quale lo guardo è troppo ravvicinato io vedrò solo il problema.
Occuperà l’intero spazio della mia vita, della mia mente, del mio cuore. Diverso è se riesco con un focus più grande, ad inquadrare tutto ciò che ci sta intorno, allora il problema diventerà solo uno dei tanti elementi che compone il paesaggio e mi sarà possibile sentirmi sostenuta da un contesto più grande, non ammalato, non oscurato o sopraffatto dal problema. (1)
Immaginiamo che io metta a fuoco da molto vicino un cestino della spazzatura, ne vedrò tutti i dettagli, e quest’immagine occuperà tutto il mio campo visivo e mentale. Ciò che vedo sarà questo. Ciò che c’è, è questo.
Figura 1
Se io mi allontano di un metro o due o spingo sullo sfondo il cestino di un metro o due, ecco che posso magari vedere un viottolo e qualche albero.
Figura 2
Se mi allontano ancora di più potrò vedere un bosco e ancora più lontano vedrò anche montagne, il cielo, un paesaggio intero di cose naturali, semplici e bellissime.
Figura 3
Tendiamo a identificare la nostra vita con un problema che abbiamo, perdendo una visione più ampia, la prospettiva, dimenticando che quel problema non è la nostra vita, ne fa solo parte, essa è assai più vasta e complessa e semplicemente lo contiene, è in grado di contenerlo. Allora la nostra vita sarà questo paesaggio, pieno di bellezza, di tante cose buone che ci sono e il problema sarà un dettaglio, e per quanto rilevante e angoscioso sia, resterà comunque un dettaglio.
Possiamo allenarci ad arretrare per avere accesso a questa visione. Possiamo allenarci a spingere il problema più in là, osservarlo da un focus più grande e arrivare addirittura a vederne un senso. Qualcosa che, in quel paesaggio più grande, ha un suo valore, può diventare un’opportunità.
Cosa mi consente questo problema? Che opportunità è per la mia vita? Cosa posso imparare attraverso questo problema? Quali vantaggi sta portando nella mia vita?
Queste sono domande tipiche all’interno di un percorso psicoterapeutico volto a farci uscire da un trauma o da un evento/problema doloroso.
Nel momento stesso in cui mi pongo queste domande mi sto già allontanando dal cestino, lo sto vedendo in una prospettiva più ampia. Posso arrivare a pensare e a sentire che quel problema/cestino è necessario nella mia vita/paesaggio.
Servirà magari a valorizzare meglio la mia vita o a riappropriarmi della sua bellezza o a lavorare affinché la mia vita sia migliore o sarà utile a che io sviluppi le mie capacità di resilienza (1) e le mie capacità di comprensione degli altri. Nella metafora, quel cestino servirà a tenere pulito e integro quel luogo, a preservarne e garantirne la bellezza, tutelando l’ambiente e l’ecosistema.
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(1) vedi anche il mio precedente articolo: “L‘Albero” pubblicato su questo sito il 26 settembre 2013
(2) questo termine deriva dalle scienze ingegneristiche ed indica la capacità di un materiale di resistere senza rompersi ad urti improvvisi.
In psicologia per resilienza si intende la capacità che ogni individuo ha, di resistere e di auto ripararsi dopo un danno, un lutto, un evento traumatico. Si intende anche la capacità di ciascuno di riorganizzare la propria esistenza nonostante ciò che di doloroso ci è accaduto.
Quando la propria sofferenza viene ridefinita come un valore aggiunto, un’occasione di realizzazione superiore, possiamo parlare di resilienza.
Dott.ssa Giovanna Berengo