FERMARSI: MEDICINA NATURALE ANTISTRESS E POTENZIAMENTO MENTALE
Tempo fa lessi una serie di articoli scientifici molto interessanti e suggestivi che mettevano in relazione la scoperta del fuoco con lo sviluppo del cervello umano.
Il fuoco permise all’uomo enormi cambiamenti (1); quelli su cui vorrei maggiormente soffermarmi in questo mio articolo riguardano il fatto che il fuoco permise agli uomini di migrare e poi dimorare anche in luoghi più lontani e più freddi. Al fenomeno del nomadismo potè sostituirsi quello della stanzialità: l’uomo potè cominciare a fermarsi.
Il fuoco permise anche di vivere giornate più lunghe perchè il suo calore consentiva agli uomini di stare svegli anche la sera e di riunirsi insieme intorno ad esso, in tranquillità. Questo sviluppò la facoltà intellettiva del linguaggio parlato, oltre a quella della cooperazione e della socialità.
Da qui la tesi (….azzardata? Forse,….ma non troppo) che, la possibilità di riflettere legata al fermarsi, al non dover essere sempre in movimento, fu probabilmente uno dei fattori che contribuì allo sviluppo del cervello umano.
Altri studi molto interessanti sembrano correlare alcune modificazioni del cervello con la pratica meditativa, dunque con il fermarsi.
Diversi studiosi hanno analizzato la risonanza magnetica effettuata sul cervello di meditatori abituali e hanno scoperto una maggiore densità della sostanza grigia nell’ippocampo, nota per essere importante per l’apprendimento e la memoria, e in strutture associate con la consapevolezza di sè e l’introspezione.
Nello specifico, gli effetti si vedono sulla corteccia prefrontale e insulare. Pare che meditatori costanti riportino variazioni a livello cerebrale, con significativi ampliamenti del volume delle sovracitate aree del cervello e diminuzione del volume dell’amigdala, con conseguente miglior gestione dello stress (2).
Questi studi mi hanno fornito lo spunto per alcune riflessioni.
Nella società moderna tutto é per lo più in frenetico movimento, tutti noi siamo in perenne corsa, cercando di arrivare dappertutto. Si cerca di conciliare il lavoro, con la famiglia, la spesa, le faccende domestiche, il disbrigo della burocrazia, le scadenze e infine si cerca anche magari, chi può, di fare uno sport, o di coltivare hobbies, o di uscire per svagarsi nel poco tempo libero rimasto.
Spesso molte cose sono fatte contemporaneamente, ad es. camminiamo per andare al lavoro e telefoniamo con i nostri cellulari, così pure sul tram, sui treni ecc. O mentre mangiamo guardiamo la televisione, o scriviamo al P.C., o stiriamo mentre guardiamo un film e magari risentiamo la lezione di storia a nostro figlio e così via. La società, con i suoi ritmi innaturali, ci allontana sempre di più da noi stessi e dagli altri, producendo stress. Le persone parlano fra loro, molto di più che vis à vis, con il cellulare, o con le chat, o facebook, o via mail, o skipe e così via.
In moltissime situazioni ci interfacciamo ormai con delle macchine: ci sono i bankomat, i telepass, i distributori automatici di benzina, le casse automatiche ai supermercati, al telefono veniamo accolti da voci registrate e così via….sempre meno persone che lavorano in questi ambiti e sempre più macchine al loro posto. Tutto per risparmiare denaro (salvo aumentare la disoccupazione) e velocizzare i tempi. La rapidità pare essere divenuto uno tra i criteri d’eccellenza più in voga. Tutti noi restiamo affascinati da tutto ciò che si può fare in meno tempo. Se si risparmia tempo siamo felici, salvo poi che il tempo che abbiamo risparmiato non verrà protetto, ma sarà da tutti noi riempito di nuovo, utilizzato per fare qualcos’altro, con analoga foga, fretta e stress. Sempre più perdiamo la possibilità di scambi relazionali con gli altri. Specie nelle grandi città diviene impossibile che so io dirsi che ci vediamo con degli amici stasera, ma forse, se tutto va bene, possiamo accordarci oggi per vederci fra una o anche due settimane.
Ecco perchè ritengo preziosa la tesi di quegli studi riportata negli articoli.
E’ nel fermarsi che abbiamo la possibilità di vedere con più chiarezza, di assaporare i dettagli di ciò che accade fuori di noi e dentro di noi. E’ nel fermarsi che la nostra mente può farsi più lucida, brillante e perspicace, in grado di cogliere gli aspetti più sottili della vita.
In realtà dovremmo difendere il tempo anzichè violentarlo continuamente chiedendogli di accorciarsi o di allungarsi in base ai nostri bisogni.
Così come da un treno in corsa il paesaggio che riusciamo a cogliere é approssimativo, i dettagli sfilano via troppo in fretta per essere colti dal nostro cervello, così é per tutta la nostra vita che, obbligata a scorrere troppo in fretta, non viene colta nella sua essenza più importante.
Solo da un treno fermo possiamo vedere tuttti i dettagli di un paesaggio.
Fermarsi allora, rallentare, prendersi il tempo per meditare, fare una sola cosa alla volta, con consapevolezza e presenza. Nella fretta infatti non c’é consapevolezza, compiamo gesti meccanici, automatici, spersonalizzati (3). Il nostro cervello, stressato, si occupa di moltissime cose insieme e certamente non ha alcuna possibilità di fare spazio alla profondità.
Siamo nell’emergenza e spesso nel caos e lì non c’è incontro nè con noi stessi, nè con gli altri.
Forse allora dovremmo involvere più che evolvere….tornare a cinquecentomila anni fa, a quando l’uomo ha conquistato l’infinita bellezza e sacralità del fermarsi, il diritto a fermarsi, per guardare il fuoco, per guardare l’altro negli occhi, per guardare nel proprio cuore.
Il tempo autenticamente sentito, che si dilata e acquisisce senso e spessore quando é percepito in ogni suo singolo secondo, si fa spazio, luogo, rifugio, in cui ritrovare noi stessi e gli altri.
Come il poeta sufi Ad-Din Muhammad Rumi (1207-1273) scrive nei suoi semplici e meravigliosi versi:
“Al di là del Bene e del Male esiste uno spazio.
Ti incontrerò lì.
Quando lo spirito giace su questo tappeto erboso
ci sarà molto di cui parlare.”
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Naturalmente per riuscire a fermarsi, a rallentare, occorre darsi un permesso interiore.
La difficoltà a darsi questo permesso é data non solo da fattori sociali di cui ho parlato sopra ma anche da fattori personali che ci costringono a forzare la nostra natura verso ritmi insostenibili sia sul piano fisico che mentale. Un percorso psicologico può permetterci di conquistare questa legittimazione interiore ad aprirci al nostro benessere.
Dott.ssa Giovanna Berengo
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Ad esempio, cucinare il cibo, favorì una digestione più rapida: l’energia così risparmiata dall’organismo dei primi ominidi venne trasferita al loro cervello, determinandone un aumento di superficie e di capacità intellettuale. Inoltre la scoperta del fuoco divenne per i nostri antenati strumento sia di offesa che di difesa verso gli animali. Infatti la paura che incuteva ad essi permise all’uomo da un lato di spingerli verso le trappole per poterli catturare e uccidere, per poi potersene nutrire e dall’altro il fuoco consentiva loro di difendersi, tenendo lontano le belve, così da non essere attaccati.
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Dall’Università di Harvard ci arriva uno studio condotto da Sara W. Lazar e i suoi colleghi i cui dati descrivono come la pratica della mindfulness (un tipo particolare di meditazione) aiuti a diminuire il volume dell’amigdala, cioè la regione del cervello preposta, tra l’altro, alla gestione della paura: non solo l’intero organismo sarebbe meno sequestrato da questo stato emotivo e le capacità decisionali risulterebbero ampliate, ma anche la gestione dello stress risulterebbe migliorata. Un altro gruppo guidato d Eileen Luders dell’Università di Los Angeles, sta studiando la differenza tra gli assoni che connettono le diverse regioni del cervello dei meditatori, rispetto a quello degli altri. Sono studi rivoluzionari, pechè evidenziano un vero e proprio cambiamento strutturale e a livello del sistema nervoso centrale. Un altro studio della Università di Davis in California correla la pratica meditativa con l’aumento della longevità cellulare.
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Fisiologicamente il nostro cervello è inoltre predisposto per economizzare energia. Attività e azioni già apprese e acquisite vengono attuate automaticamente, di default, al fine di risparmiare energia. E’ solo portando consapevolezza ai nostri gesti che possiamo impedire che finiscano nell’automatismo, restituendo loro densità e significato.